Il multiculturalismo al Festival di Sanremo come strumento di emancipazione

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Il Festival di Sanremo è da sempre passato nelle case dei telespettatori come “La celebrazione della musica italiana”. Ed effettivamente, fino a qualche anno fa, è stato così. Di recente però, il trend si è notevolmente invertito, e stiamo assistendo ad un maggiore multiculturalismo, che non va altro che a creare una nuova identità artistica e culturale.

Un piccolo cenno storico sul Festival

Il Primo Festival di Sanremo ebbe luogo il 29 Gennaio 1951, presentato da Nunzio Filogamo. Si trattava di uno spettacolo completamente diverso da quello che siamo abituati a vedere oggi: gli spettatori infatti sedevano su dei tavolini in stile cabaret, e godevano della musica mentre cenavano. Inizialmente il pubblico era molto risicato, tant’è che alla seconda serata vennero invitate delle persone gratuitamente per riempire i tavoli lasciati vuoti.

Da allora il Festival si è fatto sempre più strada nel cuore e nella testa degli italiani, fino a diventare una delle trasmissioni musicali più seguita in assoluto. Sanremo divenne importante non solo per la celebrazione della musica italiana, ma anche perché il vincitore sarebbe andato a rappresentare il nostro Paese all’Eurovision Song Contest.

Se però andiamo a guardare le statistiche relative agli ascolti, notiamo come il trend sia in profonda discesa dalla prima edizione trasmessa in televisione (1987). Passiamo da una media di 15-16 milioni di spettatori negli Anni ’80 e ’90, fino ad una media 8-11 milioni di spettatori per quanto riguarda le ultime 4 edizioni. Secondo alcuni esperti, la motivazione di questo calo sarebbe il forte cambiamento che la musica italiana ha subito in questi 30 anni.

Molti spettatori consideravano Sanremo come un Festival “noioso”, fatto di “musica troppo leggera” ed ormai antiquata, che cantava solo di amore e sofferenze. Tuttavia, le ultime edizioni ci hanno saputo dimostrare come il ricambio generazionale ci stia regalando nuove entità, e di come il multiculturalismo stia prevalendo sempre di più anche in Italia.

L’edizione 2019 e l’inizio del cambiamento

Particolare fu l’edizione del 2019, dove a trionfare fu Mahmood, cantante di cittadinanza italiana ma con padre egiziano, e dalle chiare fisionomie africane. Per molti questa edizione fu “falsata”, dal momento che il voto dei telespettatori aveva premiato in minima parte il cantante di “Soldi”.

Erano infatti anni molto duri per il tema dell’immigrazione in Italia, e la vittoria di un cantante figlio di un immigrato, avrebbe messo a tacere molte persone, dimostrando quanti talenti il multiculturalismo potesse portare nel nostro Paese. Per altri invece, questo fu l’inizio di una vera e propria rivoluzione all’interno di Sanremo.

Dal 2019 in poi, difatti, i vincitori del Festival erano molto più incentrati sul genere Rock/Rap/R&B, piuttosto che sulla tradizionale musica leggera e malinconica che, da sempre, aveva caratterizzato questo contest musicale. A completare questa rivoluzione, lo scorso anno, ci hanno pensato i Maneskin, con la loro canzone piena di energia, di rabbia e di emotività “Zitti e Buoni”.

Affermiamo “a completare”, in quanto il successo di questa canzone contagiò il mondo, arrivando persino a vincere l’Eurovision Song Contest quello stesso anno. Non più i classici cantanti vestiti in giacca e cravatta e dai toni melodiosi, ma dei ragazzi scalmanati con magliette e pantaloni strappati, più vicini al mondo dei giovani che mai.

quote Festival di Sanremo secondo Truffa

Il multiculturalismo mostrato a Sanremo può portare davvero all’emancipazione?

Questa è la domanda fondamentale che abbiamo voluto porci durante la redazione di questo articolo. Sicuramente quanto si è visto in queste ultime edizioni sta portando una notevole ondata di cambiamento non solo all’interno del Festival, ma all’interno dell’intero sistema televisivo italiano. Un sistema che cominciava a diventare stantio, che aizzava il pubblico in un tutti contro tutti disastroso.

D’altronde, non ci può essere luogo diverso dal Festival per portare una rivoluzione di questo genere: basti pensare al “travestimento” di Renato Zero, che nel 1978 lasciò tutti a bocca aperta; una tradizione portata avanti, negli anni più recenti, anche da Achille Lauro. In molti hanno criticato le sue messe in scena, ma il messaggio era molto chiaro.

Il cantante trap ha infatti dichiarato che con i suoi travestimenti vuole unire musica, arte e religione, affinchè le emozioni trasmesse possano davvero colpire lo spettatore, non solo dal lato acustico, ma anche da quello visivo. Ad ogni modo, il suo tentativo sembra aver colpito positivamente soltanto i giovani, più aperti mentalmente e capaci di capire a fondo l’obiettivo portato dal cantante romano. Gli spettatori “medi” di Sanremo (quindi le persone over 40) si sono lamentate della sua performance, additandola addirittura come qualcosa di satanico, che andava contro la religione e ne usurpava i suoi principi.

Conclusioni

Come già detto più volte, stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione all’interno del Festival di Sanremo. Sono sempre di più le persone che preferiscono trasgressività e multiculturalismo, invece delle classiche personalità pulite e pacate che hanno, da sempre, caratterizzato questa competizione musicale italiana.

L’emancipazione che ne deriva, da questa rivoluzione, non solo andrà a stravolgere i canoni di cultura e distruggerà gli stereotipi che caratterizzano il nostro Paese, ma potrebbero persino rivoluzionare il Festival stesso. Secondo la nostra esperienza ed opinione, potrebbero non volerci così tante edizioni prima di vedere trionfare una canzone ed un cantante completamente straniero.